24 Lug Montes Appenninus
Oltre che di crateri e “mari”, la Luna è ricca di montagne, ma la cosa curiosa è che molte delle catene presenti sulla superficie del nostro satellite sono omonime di quelle terrestri.
E’ il caso dei Montes Appenninus, situati sul bordo sud-orientale del Mare Imbrium e lunghi ben 600 km, che prendono il nome dai nostri Appenini. I Montes Appenninus ospitano il Mons Huygens che con i suoi 5.500 km di altezza sono la vetta più alta della Luna.
La loro formazione risale a circa 3,9 miliardi di anni, perciò sono piuttosto antichi.
A proposito di catene omonime a quelle della terra, i Montes Appenninus confinano a nord con i Montes Caucasus, i quali a loro volta sono sovrastati dai Montes Alpes. E’ possibile dunque, inquadrando un campo sufficientemente largo oppure componendo un mosaico, riprendere tre catene montuose in una solo foto.
Nel caso dell’elaborazione delle immagini lunari, com’è facilmente intuibile, si usa un procedimento diverso rispetto alle nebulose e alle galassie, a partire dalle modalità e dai software di acquisizione. Innanzitutto, anziché raccogliere scatti di lunga esposizione (mediamente dai 180 ai 600 secondi), che poi andranno calibrati e “sommati”, nel caso di Luna e pianeti si registrano brevi filmati allo scopo di raccogliere qualche migliaio di frame (dai 3.000 ai 10.000). Nel mio caso, per questo passaggio utilizzo il software Sharpcap, che permette di modificare il ROI (acronimo che sta per Region Of Interest, dunque l’ampiezza dell’inquadratura) e, naturalmente, esposizione e gain.
Una volta acquisito il filmato, questo viene “pesato” tramite Autostakkert, un altro software specifico per l’imaging planetario. Autostakkert restituisce un grafico di qualità dell’immagine, che viene utilizzato come indicatore per selezione una determinata percentuale dei migliori frame del filmato (di norma dal 5% al 30-35%). Mi insegnano gli astrofotografi più esperti che è meglio limitare al minimo la percentuale di frame selezionati, la “crema” insomma, anche se raccogliere più frame dovrebbe permettere (almeno in linea teorica) di aumentare la probabilità di prendere frame buoni. Ma in realtà grande parte del risultato dipende dal seeing, che per noi astrofili/astrofotografi indica – in breve – la qualità dell’atmosfera che a sua volta influenza la buona riuscita della foto. Detto in altri termini, se il seeing è pessimo si può anche selezionare il 5% di 10.000 frame ma il prodotto finale rischia comunque di essere mediocre. Viceversa, in serate di grazia si ottengono risultati straordinari sfruttando il 30% di 3.000 frame.
Ma a questo argomento, e alle tecniche di acquisizione, mi riprometto di dedicare più spazio in futuro.
L’elaborazione passa poi da altri software, da Registax, a Photoshop, a Astra Image (che utilizzo da poco e ha grandi potenzialità).
Scheda tecnica dell’immagine
Telescopio | Celestron C9.25 XLT |
Camera | ZWO ASI178MM |
Montatura | Celestron AVX |
Filtro | Tecnosky IR 685nm |
Acquisizione | Sharpcap |
Stacking | Autostakkert |
Processing | Registax/Photoshop/Astra Image |
Data di ripresa | 28/06/2023 |
Frames | 2070 |
Esposizione | 6,50 ms |
Link Astrobin | https://www.astrobin.com/ld6m5r/B/ |
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